2020.03.21 – La vita al tempo del Coronavirus di Angelica Malvatani

Pubblicato il 21 Marzo 2020 da admin

Angelica Malvatani

Angelica Malvatani

Un lungo pensiero di don Vinicio Albanesi, una vita spesa per gli ultimi, per i più fragili, in un tempo devastante. Oggi la fragilità per don Vinicio è negli ospedali e nella vita di tutti: <Chi conosce i reparti di terapia intensiva sa – al di là delle buone volontà – che in quei luoghi si combatte per la vita contro la morte.

Nella solitudine: nell'ansia di sapere se c’è ancora un pezzo di respiro o la morte si sta avvicinando. Improvvisamente tutto è cambiato: sei un paziente in mano altrui.

Se sei vecchio la confusione è totale: senti il freddo dell’abbandono e degli aghi, cannule e caschi di cui sei pieno. Dopo le prime ansie, entrerai in una specie di zona grigia: anche con l’aiuto di qualche sedativo. Aspetti e puoi appellarti a chi vuoi, ricordando cose che ti sono più care. Intorno è silenzio e il muoversi di persone che vanno e vengono.

Non conosci nessuno; hai solo la possibilità di guardare gli occhi di chi fa qualcosa per te. Speri in un cenno di sorriso. Fino a che inizia l’agonia. Un periodo più o meno lungo di preparazione alla morte. Da quando sei partito, per giorni e settimane, sei rimasto solo, senza nessuno accanto.

Il virus è cinico e vigliacco. Sembra invisibile e invece è molto presente e diffusivo.

Nemmeno chi, con dedizione e sacrificio, ha rischiato per te; qualcuno ne è rimasto vittima, nonostante maschere e grembiuli. Sarebbe bello che l’angelo custode ti apparisse, ti parlasse per consolarti. Dovrai accontentarti di chi quotidianamente lotta per salvarti la vita: sono angeli anche loro.

Lo sforzo di tutelare chi è a rischio è alto.  

Se il virus entra in luoghi resi fragili dalle condizioni fisiche delle persone è la fine. Di fronte a simili tragedie fa un po’ sorridere chi si preoccupa delle Chiese chiuse e delle Messe saltate. Si sono dimenticati di quante volte, pur essendo le Chiese aperte e le Messe celebrate, sono andati al mare o a fare la spesa. Fanno rabbia invece quanti sono superficiali e spocchiosi. Non riescono a stare nella propria casa per giorni: basterebbe pensare all’ipotesi di un ricovero in terapia intensiva per diventare più seri.

La vita è un bene preziosissimo e va tutelato sempresoprattutto per chi ha condizioni deboli e residue. Le scene dei carri funebri in fila verso i cimitero o le salme accumulate in Chiesa, nel vuoto totale, fanno rabbrividire.

I morti sono abbandonati: per paura, per necessità, forse anche per disprezzo.

Eppure quelle persone morte in questi giorni erano cristiani, padri e madri, nonni e nonne, parenti. Non una Messa, una lettura biblica, una benedizione. Si potrebbero celebrare delle Messe per i defunti in streaming, ricordando i loro nomi, oppure una benedizione nei cimiteri prima dell’ingresso delle bare. 

Il sospetto è che tutta l’attenzione è rivolta alla sopravvivenza. Sentimento insito nella natura, ma che deve essere gestito insieme all’anima. 

Angelica Malvatani

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