2017.11.13 – Le audizioni che non volevamo udire di Marchetto Morrone Mozzi

Pubblicato il 14 Novembre 2017 da admin

Marchetto Morrone Mozzi

Marchetto Morrone Mozzi

Chi ha avuto modo di seguire le audizioni di Consob e Bankitalia presso la Commissione Banche sarà rimasto sbigottito. Le massime autorità di controllo sul sistema bancario e finanziario italiano si sono reciprocamente scambiate accuse tentando implicitamente di far ricadere l’accusa di omessa vigilanza l’uno sull’altro come normalmente fanno i fanciulli quando vengono scoperti dalla mamma dopo qualche marachella.

Uno spettacolo indecoroso cui abbiamo tutti assistito.

E la conclusione del presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, Pier Ferdinando Casini, al termine della seduta del 9 novembre, è stupefacente: “possono considerarsi superate le contraddizioni emerse dalle precedenti due audizioni”.

Incredibile. E’ come dire: abbiamo chiarito e capito tutto, non c’è nessun problema.

Ma invece è vero esattamente il contrario. Abbiamo semmai chiarito e capito che i problemi ci sono eccome. Il quadro emerso dalle audizioni è desolante.

Il sistema dei controlli è cioè composto fondamentalmente da due autorità che non si parlano tra loro, che si trincerano dietro ai cavilli procedurali per difendere il proprio operato e scaricare sull’altra autorità la responsabilità di quanto accaduto.

E chi ci va di mezzo (e quanto ci è andato di mezzo!) è il risparmiatore reo di aver creduto a prospetti informativi sfornati dalle molte Banche fallite con la compiacenza proprio di quelle autorità che avrebbero dovuto tutelarlo impedendo a quei titoli “tossici” di diffondersi senza controllo.

La Commissione parlamentare deve adesso scegliere se fare da sgabello a banchieri corrotti e a controllori guerci oppure assumere un ruolo fondamentale per ricostruire su basi diverse il sistema dei controlli pubblici.

Certo, le falle non riguardano tutto il sistema dei controlli: non bisogna fare di tutta un’erba un fascio e pensare che sia tutto da rifare.

E’ innegabile, ad esempio, che la Banca d’Italia abbia fatto le prescritte ispezioni e abbia rilevato i problemi di cattiva gestione delle due banche venete, come di altre. Il problema è che la tutela della stabilità del Sistema ha sempre prevalso sulla tutela della trasparenza. Importanti informazioni sono state tenute nascoste agli investitori, e non sono passate da un’autorità all’altra. E di questo sono responsabili entrambe le autorità, nonché il sistema di regole formalistico che dovrebbe proteggere i risparmiatori, ma non lo fa.

Dalle audizioni emerge che nel caso Veneto Banca, la Banca d’Italia ha inviato alla Consob una lettera in cui la metteva in guardia sul valore troppo alto delle azioni in vendita alla clientela, e questo poteva certamente consentire a Consob di intervenire sui collocamenti, fino a fermarli. Sembra però che Banca d’Italia non abbia inviato i verbali tempestivamente, ma solo dopo molto tempo. E il crudele danno si è così potuto consumare.

E sulla Popolare di Vicenza? Silenzio. Eppure le azioni della Popolare Vicenza sono crollate da oltre 60 euro a 10 centesimi. Possibile che nessuno si fosse insospettito che i valori erano troppo alti? Qui sembra che la Consob si sia limitata ad aggiungere qualche riga nel prospetto informativo. Tanto si sa che i prospetti informativi non li legge nessuno.

E a tutto voler concedere, ci vogliono spiegare come mai i problemi delle banche venete sono venuti alla luce solo quando la Banca centrale europea ha assunto la vigilanza diretta su quegli istituti?

A ben volere, ci troviamo in presenza di un sistema dove la trasparenza è sempre messa in secondo piano. Prima vengono la riservatezza e il rispetto formale delle regole.

Sarebbe allora venuto il momento di superare questo approccio, passando a uno che punti di più alla protezione sostanziale del risparmiatore.

E’ chiedere troppo?

Marchetto Morrone Mozzi

 

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