2017.05.08 – Chi dice no all’Europa spalanca le porte all’immigrazione di Luca Romanelli

Pubblicato il 08 Maggio 2017 da admin

Luca Romanelli - Presidente anno 2015-2016

Luca Romanelli - Presidente anno 2015-2016

Si stima che entro il 2050 la popolazione dell’Africa crescerà di un miliardo e duecento milioni.

Non c’è maniera che la crescita economica del continente possa sostenere i nuovi arrivati, specie se si considera l’arretratezza sociale di quasi tutti i suoi paesi. Fame e povertà sono infatti moltiplicati dalla disuguaglianza e dall’oppressione che elite senza scrupoli esercitano sulla gran parte della popolazione. Masse enormi di giovani senza opportunità, specie i più istruiti, premeranno sui nostri confini. E’ pura illusione pensare di fermarli con gli strumenti attuali.

Le grandi potenze mondiali lavorano contro i nostri interessi. La Cina investe in Africa  somme enormi per la cooperazione, ma il suo fine è l’accesso alle materie prime. Fa spesso affari con governanti rapinatori e se ne infischia della crescita sostenibile delle economie locali. La Russia ha interesse a un’Europa debole e divisa e si è già intrufolata in Libia, come in Siria, anche per questa ragione. Gli Stati Uniti sono oramai focalizzati sul fronte del Pacifico, dove affrontano la crescente potenza cinese. Trump è decisamente contro l’Unione Europea. Naturalmente ci preferisce divisi.

Gli europei smettano quindi di pestarsi i calli tra di loro, come hanno fatto finora, e si muovano compatti su quattro fronti:

diplomazia: esercitare una forte pressione sui governi africani e sulle proprie imprese per ridurre la corruzione, ridistribuire la ricchezza, ampliare le possibilità di accesso al lavoro ed ai mercati per le giovani generazioni. Le leve da usare sono molteplici: commercio internazionale, trasferimento tecnologico, agevolazioni ali investimenti privati ecc.

cooperazione: finanziare grandi progetti a favore dei senza diritti, controllando rigorosamente che questi attivino percorsi virtuosi di autoemancipazione;

intelligence e leva militare: è essenziale disporre di una forza in grado di presidiare i confini e stroncare i trafficanti ma anche di intervenire sui conflitti locali e stabilizzare, su mandato internazionale, situazioni di caos o di interferenza da parte di altre potenze. Investendo un accessibile 2% del PIL e coordinando le risorse l’Unione Europea potrebbe disporre di un apparato di sicurezza rispettabile e adatto allo scopo;

immigrazione controllata: una parte della pressione demografica potrebbe trovare sfogo in programmi ben pianificati di immigrazione regolare in Europa. Sarebbe un vantaggio sia per le nostre economie, la cui forza lavoro è molto invecchiata, che per i paesi africani, che ne beneficerebbero in termini di rimesse e circolazione delle competenze professionali.

Se l’Europa non farà questo nei prossimi decenni sarà sommersa dai barconi e rischia la disintegrazione. Chi dice no all’Europa lavora per questo, perché i singoli paesi da soli saranno impotenti.

Occorre invece spingere l’acceleratore sull’integrazione politica, diplomatica e militare, muoversi rapidamente verso istituzioni legittimate direttamente dai cittadini e gli Stati Uniti d’Europa, in grado di agire con decisione e su un orizzonte lungo. L’efficace gestione dell’immigrazione non è certo l’unico vantaggio che ne potrà risultare.

Dopo la vittoria di Macron in Francia, che è un segnale di speranza, toccherà anche a noi decidere da che parte della storia stare.

Luca Romanelli

7 Maggio 2017

 

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