Fu la sua invenzione del «coherer» ad aprire la strada alla telegrafia senza fili: questo il merito maggiore dell’illustre fisico monterubbianese Temistocle Calzecchi Onesti, come riconobbe lo stesso Guglielmo Marconi nella celebrazioni che il Liceo Classico «Annibal Caro» di Fermo, dove fu insegnante e dove si applicò nella ricerca, promosse nel 1935. Di nobile famiglia di Monterubbiano, nacque a Lapedona, dove il padre esercitava la condotta medica, nel 1853, e, dopo gli studi a Fermo, si laureò in scienze fisiche e matematiche a Pisa, dedicandosi subito all’insegnamento e alle ricerche nel campo della fisica. Docente prima a L’Aquila poi a Fermo, qui iniziò gli studi sulla conducibilità elettrica della limatura metallica, fondando nel gabinetto di fisica del liceo fermano dove insegnava, un osservatorio meteorologico e geodinamico d’avanguardia, anche se con pochi mezzi e risorse. Passato a insegnare al Beccaria di Milano, entrò in contatto con il noto fisico Galileo Ferraris. Nel 1884 dalle colonne de Il Nuovo Cimento dette notizia delle sue scoperte in un articolo dal titolo Sulla conducibilità elettrica della limatura metallica. Era l’epoca delle grandi ricerche scientifiche sperimetali di Hertz, di Roentgen, di Righi. Quel suo tubetto a limatura metallica, poi ribattezzato dal fisico inglese Oliver Lodge “coherer” (l’apparecchiatura originale è tuttora conservata nel Liceo Classico “Annibal Caro” a Fermo) sarebbe stato determinante per consentire a Marconi la trasmissione telegrafica senza fili. Forse il suo limite fu quello di non assegnare una vera applicazione in campo pratico alla sua invenzione, cosa che invece riuscì ad altri scienziati più pratici, come appunto Marconi. Per questo dovette lottare non poco per vedere riconosciuta la paternità della scoperta, dopo che altri scienziati tentarono all’estero di appropriarsene. Chiamato successivamente a insegnare a Roma, si distolse parzialmente dai suoi studi per dedicarsi al problema sociale della rieducazione dei sordomuti, definendo teorie poi largamente utilizzate, e ottenendo generale apprezzamento per i risultati conseguiti. Fu attivo anche in campo sociale, consigliere comunale a Monterubbiano e provinciale ad Ascoli Piceno, presidente del Convitto nazionale e dell’Opera Pia “Carducci” di Fermo. Per tutta la vita continuò i suoi studi scientifici, collaborando con istituti di ricerca e con riviste specializzate, rimanendo in corrispondenza e in scambio di esperienze con le maggiori personalità del mondo della ricerca nel campo della fisica. Morì a Munterubbiano il 22 novembre 1922. Fermo gli ha intitolato il Liceo Scientifico. Giovanni Martinelli