2012.04.19 – “Sorte delle sopravvenienze attive dopo la cancellazione della società” di Alfonso Rossi

Pubblicato il 19 Aprile 2012 da admin

 

Alfonso Rossi

Nella prassi capita soventemente che cancellata una società dal registro delle imprese, emergano delle sopravvenienze o sopravvivenze attive o passive non considerate dai liquidatori. Prima della riforma del diritto societario, dottrina e giurisprudenza erano divise su posizioni diametralmente opposte in ordine alla problematica relativa agli effetti, sulla società, della cancellazione dal registro delle imprese. Da una parte, la dottrina prevalente riconnetteva un'efficacia costitutiva alla cancellazione della società dal registro delle imprese, con la onseguenza che a seguito della cancellazione si determinava l'estinzione della società, indipendentemente dalla presenza di attività o di passività sociali. Diversamente la  iurisprudenza, orientata alla salvaguardia degli interessi dei creditori sociali, era quasi unanime nel sostenere che la comunicazione di avvenuta cancellazione della società presso il registro delle imprese avesse effetto meramente dichiarativo, con la conseguenza che lestinzione della società non si verificasse fino a che non si fossero esauriti tutti i rapporti patrimoniali. Il legislatore della riforma, con l'introduzione dell'inciso “Ferma restando lestinzione della società” al nuovo art. 2495 c.c., nel quale è stato trasfuso il vecchio art. 2456 c.c., secondo la dottrina e la giurisprudenza (Cass. Civ. 28 agosto 2006, n. 18618; Cass. Civ. 15 ottobre 2008, n. 25192; Cass. Civ. 12 dicembre 2008, n. 29242; Cass. Civ. 13 novembre 2009, n. 24037), ha compiuto una scelta inequivocabile in favore della tesi dell'efficacia costitutiva della cancellazione dal registro delle imprese. Anche se non sono mancate pronunce (Cass. Civ. 09 settembre 2004, n. 18191; Cass. Civ. 10 ottobre 2005, n. 19732; Cass. Civ. 02 marzo 2006, n. 4652; Cass. 15 gennaio 2007, n. 646), che sulla scia del precedente orientamento, hanno continuato ad affermare che latto formale di cancellazione di una società dal registro delle imprese non determina lestinzione della persona giuridica ove non siano esauriti tutti i relativi rapporti giuridici a seguito della procedura di liquidazione. Seppur la riforma ha riguardato esclusivamente le società di capitali, non sono tardati i tentativi di estendere la portata del nuovo art. 2495 c.c. alle società di persone (Cass. 8 ottobre 2010, n. 20878; Cass., sez. II, 15 ottobre 2008, n. 25192, Cass., 15 ottobre 2008, n. 25192, Trib. Torino 5 settembre 2008), sebbene gli artt. 2312 co. 2 e 2324 c.c. siano rimasti immutati. Il legislatore della riforma, con le modifiche apportate al nuovo art. 2495 c.c., seppur mosso dall'intento di porre fine alla nota querelle sul destino delle società dopo la cancellazione dal registro delle imprese, non ha risolto la vexata quaestio della sorte delle sopravvenienze e sopravvivenze attive. In particolare, in caso di sopravvenienze costituite da beni immobili o beni mobili registrati si pone il problema della trascrizione dell'acquisto degli ex soci. Sono state proposte diverse soluzioni. Alcuni suggeriscono l'applicazione della normativa in merito alla trasformazione della società di capitali in comunione d'azienda; altri assimilano l'acquisto degli ex soci ad una successione universale ereditaria; altri ancora ritengono che il titolo di acquisto dei soci sarebbe costituito dal bilancio finale di liquidazione, la cui approvazione consentirebbe l'imputazione dei beni ai soci. Nessuna delle soluzioni prospettare appare convincente. In particolare l'ultima teoria è stata aspramente criticata da dottrina (Spolidoro; Pandolfi) e giurisprudenza (Trib. Como 18 maggio 2007), definendola un “improbabile miscuglio di regole”. Date le difficoltà di applicazione concreta delle soluzioni escogitate per risolvere le questioni relative alle sopravvivenze e sopravvenienze attive, si ritiene (Spolido; Ungari Transatti) che l'unica soluzione sia quella della c.d.  "cancellazione della cancellazione" della società, ossia l'esercizio, da parte del giudice del registro delle imprese, dei poteri di cui all'art. 2191 c.c. La scoperta o l'insorgenza di sopravvivenze o sopravvenienze attive è indice del fatto che la cancellazione della società non è avvenuta nel rispetto delle condizioni previste dalla legge, o meglio, che essa è stata richiesta prima che le operazioni di liquidazione si siano concluse. In quest'ottica è allora possibile la cancellazione dell'iscrizione nel registro delle imprese della cancellazione della società ex art. 2191 c.c.  Ad esempio, il Tribunale di Udine (15 settembre 2005) ha disposto la "cancellazione della cancellazione" dal registro delle imprese di una s.r.l. a seguito dell'emersione di alcune sopravvenienze attive relative ad un bene immobile. Per il Tribunale di Udine “la cancellazione d'ufficio di un atto o fatto iscritto nel registro delle imprese è consentita, ai sensi dell'art. 2191 c.c., quando risulta che l'iscrizione è avvenuta senza che sussistessero le condizioni previste dalla legge [...] e che, nella fattispecie in esame, la  cancellazione non avrebbe dovuto essere effettuata, in quanto l'affermazione del liquidatore di aver completato le operazioni di liquidazione e il bilancio finale di liquidazione non corrispondevano al vero".  Nello stesso senso si è pronunciato anche il Tribunale di Padova (13 agosto 2004), il quale ha osservato che “la cancellazione della società, che ne comporta l'estinzione, può essere legittimamente chiesta solo quando tutti i rapporti sono definiti, cioè a conclusione della procedura di  liquidazione". Lo stesso Tribunale di Padova (26 giugno 2003)  si era già espresso in tal senso in una pronuncia precedente all'entrata in vigore della riforma.  In linea con questo orientamento si è espresso il Tribunale di Como (18 maggio 2007 e 24 aprile 2007), secondo cui “la presenza di attività non distribuite ai soci al momento della cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese o il loro sopravvenire dopo la cancellazione  costituiscono circostanze nelle quali la cancellazione è avvenuta in mancanza delle condizioni previste dalla legge e può pertanto essere disposta la sua cancellazione ex art. 2191  c.c.”.  La Corte di Cassazione, a sezioni Unite (Cass. Sez. Un. n.  8426 del 9 aprile 2010), a pochi mesi dalle note sentenze del  22 febbraio 2010, smorzando i toni drastici assunti nelle precedenti pronunce a sezioni unite, è ritornata, seppur  incidentalmente, sulla tematica della cancellazione delle  società, ritenendo ammissibile la teoria della c.d.  “cancellazione della cancellazione”. Per la Suprema Corte,  una società cancellata ingiustamente potrebbe essere  nuovamente iscritta, con provvedimento che ai sensi dell'art. 2191 c.c. cancelli la cancellazione.  Ad ogni buon conto il rimedio ex art. 2191 c.c. è applicabile  solo in caso di sopravvenienze o sopravvivenze attive. Mentre  nel caso in cui vi siano solo sopravvenienze o sopravvivenze  passive, non si potrà far ricorso al rimedio in parola, in  considerazione del fatto che queste ipotesi trovano già  un'ampia disciplina negli artt. 2312 e 2495 c.c.  Solo brevi cenni sul procedimento ex art. 2191c.c. La  legittimazione a sollecitare l'intervento del giudice si  ritiene spetti a chiunque vi abbia interesse, quindi ex soci e  liquidatore.  La cancellazione viene ordinata con decreto, sentiti gli  interessati. Contro il decreto del giudice del registro è  ammesso ricorso ex art. 2192 c.c., da proporsi entro quindici  giorni dalla comunicazione.La cancellazione opera  retroattivamente, rimuovendo ex tunc gli effetti  dell'iscrizione cancellata. ASPETTI PRATICI IL NOTAIO CONSIGLIA: prima di addivenire allo scioglimento di  una società e sua relativa cancellazione dalla Camera di  Commercio, occorre che si effettui un accurato controllo per verificare che la società sia priva di patrimonio onde essere  certi che la stessa non risulti titolare di entità economiche  di non facile reperibilità quali ad esempio licenze  commerciali (tenendo presente che queste potrebbero essere in quiescienza), brevetti intestati ma di fatto non utilizzati,  relitti stradali, aree di risulta, immobili anche se privi di ditta catastale come ad esempio nel caso di beni comuni censibili o non censibili o di relitti derivanti da un accatastamento in NCEU con residua parte immobiliare rimasta in NCT, e in genere di immobili che potrebbero non risultare da semplici controlli basati sui soli dati soggettivi.

Alfonso Rossi  

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