2011.11.22 – Niccolò Paganini: un diavolo nel violino.

Pubblicato il 22 Novembre 2011 da admin

Paolo Signore

“La fronte è alta, larga e quadrata, il naso prominente come il becco di un’aquila e la mancanza di denti rende le labbra rientranti, la bocca deformata ed il mento ancor più pronunciato. La testa, voluminosa, è appoggiata su di un collo lungo ed esile, gli occhi scuri e profondi, i capelli folti, lunghi e neri contrastano con il pallore cereo e cadaverico dell’incarnato. Il torace è stretto ed arrotondato, con la parte destra ben più sviluppata della sinistra. Le mani, lunghe due volte il normale, hanno dita esili, fluttuanti e delicate: è così magro che non è possibile essere di più e quando si inchina sembra chei piedi si stacchino dal tronco e che tutto stia per precipitare in un mucchio di ossa”:  questa è la descrizione che del Paganini ne fa il dottor Benati, suo medico personale. Quando negli anni ’70 furono riesumati per la terza volta i resti del grande violinista, il dottor Schoenfeld, esaminandoli attentamente da un punto di vista macroscopico, morfologico ed istologico, venne alla conclusione che Paganini fosse affetto da una sindrome ereditaria piuttosto rara che Bernard Jean Marfan descrisse nel 1896, cioè una cinquantina di anni dopo la morte dello stesso violinista ed attualmente indicata come “Distrofia Mesodermica Ereditaria”.  In breve Marfan osservò che questi individui soffrono di un’affezione del tessuto connettivo che provoca un insieme di sintomi oculari (a carico dell’iride e del cristallino), cardiovascolari (dilatazione ed aneurisma dell’aorta, anomalie delle valvole cardiache) e scheletriche (notevole altezza, eccessiva lunghezza degli arti, estrema elasticità articolare).  Secondo il dottor Schoenfeld le dita della mano sinistra di Paganini erano particolarmente lunghe e tipiche di questa sindrome, al punto da consentire movimenti di particolare estensione, elasticità  ed indipendenza tra loro.  Anche il pollice era più lungo della norma e tale da consentire al Maestro di riuscire a coprire, allargando la mano sinistra, ben tre ottave sul violino, con la simultanea capacità di imprimere alle falangi che premono le corde uno straordinario movimento di flessione: da qui la capacità di evocare su ogni singola corda  simultaneamente pizzicati, trilli e suoni inconsueti e strabilianti in armonie di scale e combinazioni che davano l’impressione che più di due violinisti suonassero insieme. In verità peraltro non è che Paganini godesse di ottima salute: nel periodo trascorso a Parma nella compagnia del Maestro Alessandro Rolla si ammala di polmonite, per cui, costretto a far salassi, si indebolisce ancor più fisicamente e quindi va a trascorrere un periodo di convalescenza a Romairone, nella casa paterna, dove il padre lo obbliga a studiare violino per dieci, dodici ore al giorno, cosa che aggrava ancor più il suo stato di debolezza.  Ancor giovane è l’intestino a procurargli guai a causa di una ostinata stitichezza per cui, dietro consiglio dei suoi due medici bolognesi Tomassini e Valorani (da lui definiti “onore e gloria dell’ippocratica scienza”), fa largo uso del “Vomi-Purgativo di Mister Le-Roy”, un micidiale quanto improbabile intruglio a base di fitofarmaci e droghe a violenta azione drastica. Intorno al 1830 Paganini comincia ad accusare improvvisi quanto inaspettati abbassamenti di voce accompagnati da violenti mal di gola, al punto che il dottor Borda di Pavia gli diagnostica una tubercolosi laringea e, non disponendo di una cura realmente efficace, gli prescrive salassi, latte d’asina, preparati a base di oppio e mercurio e lunghi digiuni: non mancano così gli effetti collaterali di una così sciagurata terapia quali ittero, sangue nelle urine e detrioramento dei denti per cui lo stesso Paganini, deluso dal dottor Borda, su consiglio dell’amico ungherese Maximilian Spitzer comincia a far uso del “Farmaco Pollini”, una micidiale quanto inefficace pozione antiluetica a base di Salsapariglia e Guaiaco. Così purtroppo il suo stato generale peggiora sempre più, la tubercolosi laringea progredirà con emottisi che si fanno sempre più frequenti, ravvicinate e violente al punto da rendere il musicista del tutto afono ed a Parigi il celebre dottor Magendie gli diagnostica anche una stenosi severa del retto (probabilmente un sifiloma ano-rettale), per il quale prescive applicazione di dilatatori di gomma durante la notte. Nel 1840 l’ennesima, violenta ed irrefrenabile emorragia laringea lo porta a morte non prima però di aver stabilito “un patto col diavolo”: non pochi spettatori infatti dichiararono di aver visto, durante un suo concerto, Paganini suonare ed il diavolo muovergli l’archetto e non pochi ancora a giurare di aver udito “lamenti strani e suoni di violino” levarsi dalla terra custode delle sue illustri spoglie …….. Paolo Signore

Niccolò Paganini

 

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